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      Intanto come io salgo l'ultimo sul legno americano, il mio amico e compagno Felice Barilla mi si fa incontro, e dice sottovoce: "Tuo figlio è qui travestito da cameriere. Fingi di non conoscerlo. Egli ha riconosciuto me, e mi ha pregato di avvisarti". Io entrai in una stanza su la coperta presso a quella del capitano, dove il buon Cafiero aveva fatto allogare Carlo Poerio, Cesare Braico, Silvio Spaventa e me: e rimasto ivi solo, mentre tutti gli altri attendevano alle loro robe, mi vedo innanzi Raffaele, mezzo lacero le vesti, con la faccia lorda, con un cappellaccio in testa, una brocca e una catinella in mano, che mi dice: "Stasera parleremo: state di buon animo, e mangiate bene, a tavola avrete un buon cameriere. Non parlate". Sopravvenne Silvio Spaventa, che vedendomi turbato, mi chiese che avevo; ed io che a lui amicissimo non sapevo nasconder nulla gli dissi ogni cosa, ed entrambi conchiudemmo: "Bisogna parlargli stasera per sapere quali sono i suoi disegni". L'americano, egli e tutta la sua ciurma non parlava né intendeva nulla d'italiano né di francese: onde per farci servire prese per camerieri alcuni italiani che a caso si trovavano in Cadice: ma questi erano poco atti a servire, sofferivano mal di mare, e non sapevano che farsi; onde tutti i miei compagni con gesti, e parole mezzo francesi e mezzo spagnuole cercavano di farsi intendere da John, che era Raffaele, il quale non parlava altro che l'inglese, e un po' lo spagnuolo. Tutti comandavano John, ed egli faceva le viste di non intendere, e roteava sempre intorno a me.


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Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356

   





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