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      Quando i giudizi si facevano colla corda, col fuoco, con l'acqua e con la ruota, il processo era breve e segreto, sì; ma se un imputato diceva un fatto in sua discolpa, il giudice lo verificava a suo modo, ma lo verificava. Ed oggi nella civile Europa, ed in italia, e in Napoli, e regnando Ferdinando II, e da magistrati napolitani, si rigettano tutte le discolpe di un accusato, non si ammettono le pruove che egli presenta, non si ascolta quello che egli dice. Si dirà che non erano pruove. Sia pure; ma almeno burlatemi, almeno ammettetene una e poi fatene quel conto che credete, concedetene una a chi è accusato a morte. Il procurator generale ed un sol giudice volevano che si ammettessero la 7. e l'8.; volevano non si desse un esempio nuovo, inaudito, terribile nella storia dei giudizi, un esempio che farà maravigliare tutti quelli che lo sapranno. Io ringrazio il procurator generale e l'ignoto giudice; e ringrazio ancora gli altri quattro, se per sentimento di giustizia hanno così giudicato; se per altra cagione io li perdono.
      Io aveva chiesto di voler esser presente alla discussione delle mie discolpe; fu risposto, che io ho la febbre, e non si può discutere con chi ha la febbre. Io non ho febbre, perché non ho delitti, non ho rimorsi, non ho le mani lorde di sangue, non ho oppresso né insultato nessuno, ma sono serenamente tranquillo perché credo in Dio, credo nella virtù, spero nel progresso dell'umanità, non odio nessuno, perdono i miei nemici, e, ad esempio di Cristo li chiamo fratelli; quantunque essi, abusando di questa santa e generosa parola, mi rispondano con beffa di farisei: "fratello". Vedo bene che l'odio contro di me non più si nasconde ma procede scoperto e mi toglie per fin la difesa.


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Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356

   





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