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      Eterne alternative di speranze e di timori si succedono in lui, che ora si abbandona alla dolcezza immensa di amare senz'altro chiedere, ora si ribella all'indegna servitù che lo opprime, e fieramente la guerreggia, fuggendo l'oggetto del suo triste amore, e i luoghi che glie lo rammentano: ma egli si accorge solo assai tardi che porta il suo male chiuso nel suo proprio petto, e che questo male non l'abbandona, per mutar di luogo, ma diviene con lui errante, come la sua stessa ombra!
      Anche se accanto al Canzoniere noi non avessimo, per chi asseta del «documento», le altre opere del Petrarca che fanno fede come la sua poesia nascesse da una realtà, come non riconoscere in questo dolcissimo tra tutti i libri, la calda sincerità della emozione?
      E non dimentichiamo, o Iddio ci perdoni, poichè siamo faccia a faccia col maggiore lirico nostro, che la lirica, quando sia di quella buona, deve zampillare direttamente su dal cuore, deve essere soggettiva, e deve portare le traccie di qualche lagrima, o anche di un poco di vivo sangue: di queste cose appunto è fatta la poesia!
      Ed ecco che, tutta rorida ancora del pianto del divino trovatore, noi vediamo rivivere nelle eterne pagine del Canzoniere, la gentile creatura che a lui unicamente parve donna.
      E tale ella appare anche al nostro sguardo: non angelo, non dea, a noi sembra, la dolce pimplèa, che il Poeta ha battezzata di tutti i più sovrani nomi: ma donna, deliziosamente, squisitamente donna.
      Un'«astrazione» Laura?
      Ah ma non diciamolo nemmeno per celia!


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Femminismo Storico
di Sfinge
Editore La Poligrafica Milano
1901 pagine 117

   





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