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      Ma è altresì vero che riesce a noi quasi impossibile poter separare il suo essere morale da quello intellettuale, e che mentre ci accingiamo a rimproverare Anna Dupin di avere rincorso l'ideale personificandolo ora in questo ora in quell'uomo mortale, che doveva compensarla della bancarotta della sua felicità nel matrimonio, e che doveva raccogliere gl'impeti lirici della sua anima esuberante — ecco — dico — che Giorgio Sand intercede per Anna Dupin, e ci dice ch'era fatale che la sua vita ed il suo sogno andassero insieme così!
      Questa donna, che io definisco una «cerebrale», che ebbe forse tutte le altre facoltà un poco inaridite dal predominio del cervello (dai decreti del quale, parrà un paradosso, ella raramente si allontanava) fu una grande assetata di ideale, una adoratrice (anche forse un poco retorica) della fantasia, una schiava di quella parte del cervello, che essa credeva fosse l'anima: ma sempre, o io molto mi inganno, al di sopra delle miserie della vita: miserie in cui ella cadde, ma non per sua propria volontà. Così rincorrendo l'ideale, che si personifica sempre o in qualche cosa o in qualcheduno, quella forza esuberante aveva bisogno d'integrare i sogni dell'arte con la realtà della vita: ossia, cercava, nella vita, i fantasmi gemelli di quelli della sua fantasia: e sappiamo, povera donna, quali torture le procurarono le vane e non mai paghe ricerche!
      Avrebbe dovuto governare, o essere governata da quell'impetuoso cervello, una coscienza diversa da quella ch'ella ebbe: perchè fu la sua (diciamolo pure, giacchè lo pensiamo) una coscienza in aperto disaccordo con la morale riconosciuta, retta da un suo autonomo codice, da una specie di individualismo superbo, che preannunzia una teoria discutibile ma profonda, rovinata da una sciupatissima parola: «la teoria dell'übermensch».


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Femminismo Storico
di Sfinge
Editore La Poligrafica Milano
1901 pagine 117

   





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