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      Plinio, lib. 28 cap. 10, dice aver ritrovato appresso gli autori che a quelli a' quali sono le lentigini sul volto, le quali sono la bruttezza della faccia, era negato l'uso de li sacrifici magici. A cui è simile Apuleio nella Apologia, il qual scrive che bisognava elegere il fanciullo, il qual si do[55r]vea ordinare nell'arte magica, fra l'altre cose bellissimo.
      Ma che più? Gli antichi di modo aborrivano e maledicevano la bruttezza, e per la bellezza si riputavano avere tanto favore che, l'aver incontrato un bello, quello aveano per uno augurio e segno felicissimo, per il contrario poi un brutto per un segno inauspicato e infelicissimo: quindi Settimio Severo imperatore, avendo incontrato un certo Etiopo, fece congiettura che egli era vicino alla morte; questo si legge in Eliano Sparziano, nella Vita di quello.
      Scrive parimente Plutarco nella Vita di Brutto che, apparendo uno Etiopo a Brutto e a Cassio, quali voleano entrare nel campo e far la battaglia, li fu indicio della morte loro. Augusto poi imperatore, come scrive Svetonio nella Vita di quello, i nani, i storti e ogni sorte de simili uomini, sì come scherno della natura, in tutto egli aborriva né quelli vedere potea.
      In questo proposito è molto da essere notato quello che scrive Pausania nel lib. 1, nel quale egli scrive le Cose attiche: [55v] egli scrive che Firne overo, come altri scrivono, Frine meretrice tespiense, essendo accusata appresso gli Ateniesi d'un certo delitto, finalmente solo per la bellezza fu assoluta, avendo ella levata la ricca vesta dal suo bello e candido petto; tanto puote il favore della bellezza.


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La difesa per le donne
di Vincenzo Sigonio
pagine 140

   





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