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      Questo medesimo ancora era figuratamente comandato dagli antichi teologi de' Gentili, per gl'istitutti de' quali quelli che sacrificavano a Giunone non usavano il fele nei sacrifici, ma quello, cavato dalla vittima, sepelivano appresso all'altare: per la qual cosa si dimostrava che l'ira, [119v] la còllera, l'odio e l'amaritudine doveva essere separata dal marital consorzio; imperoché Giunone è la presidente delle nozze e significa la unione della vita del marito e della moglie: della qual cosa è autore Plutarco nel lib. de li Precetti congiogali, e Eusebio, Della preparazione evangelica lib. 2 cap. 1. Per il che il Romano Pontefice nel c‹ap.› 1 Extra de his qui vi metusve causa fiunt, chiama un certo "tiranno" perché egli crudelmente trattava la moglie.
      Plutarco ancora, nel lib. quale egli scrisse Dell'allevare i figliuoli, avertisce i padri che istruiscano i figliuoli ne gli onorati essercizii non con battitture ma con ammonizioni e ragioni. E il simile dice Terenzio negli Adelfi, atto 1 scena 1, imperoché le battitture più tosto s'appartengono a li servi che a li liberi. E M. Varrone nel lib. 1 cap. 20 Dell'agricoltura dice che si debbe comandare a li servi, che più tosto siano costretti ad ubedire per le parole che con le battitture. Donde che, se quello [120r] avertisce questo de li liberi, e questo de li servi, che diremo della moglie, la quale è una carne, un corpo e una anima col marito, e la quale è stata fatta da una delle coste dell'uomo, e non del piede, acciò che non paresse che ella dovesse essere soggietta e serva dell'uomo, sì come è stato notato da li dottori? e Santo Ambrosio, lib.


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La difesa per le donne
di Vincenzo Sigonio
pagine 140

   





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