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      Le loro ricchezze consistevano in derrate che servono ad alimentare gli uomini, grani, vino, bestiami, che effettivamente impiegavano nel mantenimento degli uomini dipendenti da loro. La forza aveva creata la loro ricchezza, e la loro ricchezza ne accresceva a vicenda la forza. Su tale solidissima base si fondava la potenza della nobiltà de' mezzi tempi.
      Quando i Lombardi conquistarono l'Italia, questi uomini, valorosi, indipendenti, guerreggiando per sè medesimi, e non per un padrone, divisero le loro conquiste in altrettanti feudi quanti erano i guerrieri. Conoscevano per altro i vantaggi della militare disciplina, e conservarono all'armata la sua forma e la subordinazione nello stabilimento che doveva farne una nuova popolazione. Diedero ai loro capitani il titolo di duchi o generali(68), e loro affidarono il governo delle città con un diritto di alta proprietà o di signoria sul territorio che le circondava; conservarono a se medesimi il titolo di milite, e cadauno ottenne la proprietà feudale d'una porzione del territorio d'ogni città, dei castelli, o dei villaggi che ne dipendevano. D'allora in poi il vocabolo milite fu adoperato per indicare il gentiluomo più tosto che il soldato.
      La proprietà non apparteneva realmente che ai gentiluomini. I lavoratori, i vassalli, ch'essi avevano spogliati, ed obbligavano a travagliare per conto loro, dandoli la terza parte dei prodotti, trovavansi in una condizione assai vicina alla schiavitù(69). Nel rango superiore l'autorità dei duchi attaccata alla conservazione d'un cert'ordine sociale, non fondavasi che sopra una finzione di proprietà, sopra un diritto imaginario rispetto a territorj e province ch'essi non possedevano.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo I
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 281

   





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