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      Sotto il governo de' Carlovingi l'estinzione di molte famiglie ducali aveva fatto luogo ad un altro ordine di alta nobiltà, quello dei conti, i quali venivano dal re incaricati del governo delle città. Di tutte le classi dei nobili, quella dei conti sembrava più immediatamente dipendere dal re; poichè quantunque la loro dignità passasse spesse volte di padre in figlio, non era loro accordata che precariamente; e fino all'epoca in cui Corrado il Salico autorizzò la trasmissione di tutti i feudi di padre in figlio, sembra che i conti ricevessero il loro governo dal sovrano, che poteva a suo piacere riprenderlo. Nella patente di loro creazione il re dichiarava: «che conoscendo l'amore di N. N. per la giustizia, gli affida la stessa città, che fu governata dal suo predecessore, con obbligo di mantenersi costantemente fedele alla corona; di giudicare tutti gli uomini sottomessi al suo governo, di qualunque nazione essi siano, secondo le loro leggi e costumi; di proteggere le vedove e gli orfanelli; di perseguitare i malfattori e di far pagare al fisco le tasse dovutegli»(85). In questa carta non è menzionato un altro importantissimo ufficio dei conti, quello di condurre le milizie alla guerra. E siccome più volte accadeva che il conte d'una città n'era in pari tempo ancora il vescovo, questa militare incumbenza assai male si confaceva al carattere ecclesiastico.
      Il conte nelle sue particolari corti sceglieva tra gli abitanti gli Scabini(86) che formavano la magistratura delle città; ed i cittadini li confermavano col loro voto.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo I
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 281

   





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