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      Di mezzo a tanta anarchia eransi formate alcune parziali società per la comune difesa; ed i capi politici indipendenti esistenti in seno alla nazione, e la formazione loro, dovevano affrettare lo scioglimento di quel legame sociale che le recenti associazioni rendevano inutile. Nello stato ordinario della società, quantunque l'autorità sovrana sia onerosa a coloro che ne sostengono il peso, tutti non pertanto temono gli effetti dell'anarchia, e sentono come sarebbero esposti ad ingiuste aggressioni, quanto deboli e sventurati, se un'autorità protettrice, se una forza superiore a quella degl'individui, non reprimesse le violenze, e non conservasse l'ordine fra gli opposti interessi che sogliono produrre fra gli uomini incessanti motivi di querele. Ma quando la società accoglie nel suo seno varie parziali associazioni, nè i capi, nè i membri temono più le conseguenze dell'anarchia.
      Un duca di Spoleti o del Friuli risguardava il re d'Italia quale oppressore, che si arrogava il diritto di usurpare l'eredità ai suoi figliuoli, di dividere le sue entrate, di porre limiti alla sua autorità; un geloso nemico, che non potendo sempre opprimerlo colle proprie forze, procurava di rivolgere contro di lui quelle de' vicini; che per nuocergli univa l'astuzia alla violenza; ma che in veruna circostanza accorreva in sua difesa, o gli era in qualsiasi modo utile.
      Perciò i grandi feudatarj non risguardavano più la caduta del trono con quell'inquieto timore che in noi produce un'imminente rivoluzione, di cui non si possono calcolare gli effetti: al contrario essi erano a portata di conoscere perfettamente i risultati di tale cambiamento.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo I
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 281

   





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