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      Astolfo permise bensì che l'atto di donazione, e le chiavi delle città donate si deponessero sull'altare di s. Pietro; e varj ostaggi giunsero pure a Roma coll'inviato di Pipino; ma la Chiesa non ebbe il godimento della sovranità di queste province, ed abbiamo molte lettere dei papi nelle quali si lagnano che nè Astolfo, nè Desiderio suo successore non avevano ancora dato alla Chiesa ed alla repubblica romana il possesso delle città promesse(146), o pure che avendone accordata taluna, se l'erano all'istante ripresa. E quando in appresso, dietro le istanze della Chiesa, Desiderio lasciò queste città in libertà, invece d'essere governate dal papa, passarono sotto l'arcivescovo di Ravenna come rappresentante degli esarchi(147): e finalmente allorchè, chiamato da Adriano, Carlomagno conquistò l'anno 774 il regno dei Lombardi, confermò la carta di donazione di suo padre senza però darle esecuzione; onde Adriano l'andava avvisando di dar esecuzione a quanto, per la salvezza dell'anima sua, aveva promesso di fare in favore della Chiesa e della repubblica de' Romani(148).
      Ma se le donazioni delle sovranità fatte da Pipino, Carlomagno e Luigi il buono, si ridussero a semplici atti d'ostentazione, che que' principi non ebbero mai intenzione d'eseguire, essi però arricchirono la Chiesa con più utili beneficenze, dandole l'utile dominio di una parte dell'Esarcato e della Pentapoli, cioè i frutti e le rendite delle terre, mentre la sovranità delle stesse province era riservata alla repubblica romana, al patrizio, e per ultimo all'imperator d'Occidente.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo I
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 281

   





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