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      Ma pel corso d'alcuni secoli si riguardò come parte del ducato di Napoli tutto il promontorio di Sorrento, il quale è una penisola che divide i golfi di Salerno e di Napoli, o piuttosto un mucchio di montagne affatto impraticabili. Veggonsi come sospesi sopra il mare sul pendio di queste montagne molti ricchi villaggi, e le città di Sorrento e di Amalfi occupano una a ponente e l'altra a levante, il fondo de' due angusti seni, talmente chiusi da scoscese(252) montagne, che non vi si può quasi giugnere che dalla banda del mare(253). Questi due ducati, siccome i più separati dall'impero e dai suoi ufficiali, han più agevolmente potuto darsi un governo repubblicano. Ogni città aveva un municipio, o formato in sull'esempio della costituzione romana, o conservato fino dai tempi delle repubbliche della Magna Grecia. I magistrati venivano eletti dai cittadini in un'assemblea annuale, ed il popolo suppliva colle tasse, ch'egli medesimo s'imponeva, alle spese che non avevano altro scopo che il proprio vantaggio; mentre quasi tutto il prodotto delle pubbliche imposte veniva trasportato a Costantinopoli.
      Le città erano state assai ben fortificate dagl'imperatori; ma perchè i cittadini le difendessero, rendevasi necessario di ordinare la milizia. Eransi già riuniti per gli uffici civili, si assoggettarono ancora alle leggi della milizia, eleggendo i loro capitani, sotto i quali difendere le loro persone e proprietà: ed in tal modo si fecero veramente cittadini.
      Nel settimo secolo, ed in principio dell'ottavo, l'esarca di Ravenna nominava il primo magistrato o duca delle principali città marittime(254). Ma poichè Ravenna cadde in potere de' Lombardi, il governo delle città greche fu diviso fra il duca, o maestro de' soldati di Napoli, ed il patrizio di Sicilia, i quali fino al decimo secolo vennero eletti dall'imperatore(255). Dopo tal epoca, il maestro dei soldati di Napoli veniva nominato dai suffragi de' suoi concittadini.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo I
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 281

   





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