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      Pure fino al regno del grande Ottone, a fronte degli aperti vantaggi delle fortificazioni, le città, trovandosi abbandonate dai nobili che ne potevano accrescere il lustro, furono invece impoverite dalle frequenti contribuzioni imposte dai barbari, e più ancora dai disordini dell'anarchia, o di un cattivo governo. Niun cittadino poteva distinguersi; non colle lettere affatto neglette, non colla nascita che presso la plebe non aveva splendore, non colle ricchezze possedute dai soli nobili, non col commercio allora quasi nullo, non infine coi militari talenti e col valore che non avevano occasione di far conoscere: e per tal modo erano le città a tale epoca avvolte in una profonda oscurità.
      Abbiamo già veduto che sotto il regno d'Ottone I, e colla sua protezione, la maggior parte delle città si diedero un governo municipale fondato nella confidenza e nella scelta del popolo. Esse ebbero in ogni tempo alcuni magistrati popolari chiamati dalle leggi lombarde schultheis, e dalle franche scabini; i quali formavano il consiglio del conte delle città, e ne rappresentavano la plebe: ma quando Ottone I permise ai cittadini di darsi un'amministrazione più libera, abbandonate queste istituzioni settentrionali, procurarono di costituirsi dietro il modello della repubblica romana e delle sue colonie, per quanto glielo permettevano le imperfette nozioni della storia(419).
      Da principio tutte le città preposero alla loro amministrazione due consoli annuali eletti coi suffragi del popolo. Principale loro incumbenza fu quella di render giustizia ai loro concittadini; perciò che la divisione dei poteri e l'indipendenza dell'ordine giudiziario, cui si dà somma importanza ne' vasti stati, non fu nè conosciuta nè ricercata dalle piccole repubbliche.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo I
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 281

   





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