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      Avvertiti del pericolo de' loro alleati, i Milanesi destinarono Manfredo di Dugnano, uno de' loro consoli, a recarvisi con quattrocento pedoni ed alcuni cavalli, che promettevano di mantenere finchè durasse l'assedio, quantunque a tale epoca, avendo Federico divisa la sua armata, danneggiasse già il territorio milanese133. Anche i Bresciani mandarono a Crema alcuni soccorsi.
      Intanto gl'imperiali avevano, secondo l'antico costume, incominciato a lavorare intorno ad una linea di circonvallazione, per togliere alla città ogni comunicazione colla campagna, ed assicurarsi ad un tempo dalle sortite degli assediati. Ma questi non cessavano di molestarli; ed in un attacco che fecero mentre l'imperatore era lontano, combatterono con tanto valore, che si mantennero superiori fino a notte, quantunque non avessero più di cento cavalli. Allorchè Federico tornò al campo, indispettito fieramente perchè i Cremaschi avessero osato di battere le sue truppe, come avesse giusto motivo di farlo, ordinò che si appiccassero alcuni prigionieri in faccia alle mura. Gli assediati, credendosi in dovere di far uso del barbaro e talvolta impolitico diritto di rappresaglia, esposero sulle mura allo stesso supplicio un egual numero di Tedeschi134.
      Allora Federico fece loro intimare da un araldo, che ad alcun patto non farebbe loro grazia, essendo determinato di trattarli coll'estremo rigore: e per darne una barbara prova fece morire quattro ostaggi presi a Crema prima della guerra, e sei deputati che i Milanesi mandavano a Piacenza, tra i quali un nipote dell'arcivescovo.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo II
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1819 pagine 316

   





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