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      Questi furono gli avvenimenti che determinarono Federico a levar l'assedio d'Ancona, sentendo quanto importante fosse di arrivare sotto le mura di Roma prima che venisse fortificata in modo di non temerlo. Il 24 di luglio giunse avanti la città Leonina, e ne intraprese subito l'attacco. L'imperatore occupò ben tosto questo quartiere della città debolmente difeso; se non che trovò una più lunga resistenza nelle guardie del papa che guardavano la basilica Vaticana trasformata in fortezza, che più volte resero vani gli attacchi delle truppe tedesche. Riuscendo vana l'opera delle baliste e delle altre macchine di guerra, Federico ordinò di dar fuoco alla vicina chiesa di santa Maria188, le di cui fiamme alzaronsi con tanta violenza, che coloro che difendevano la basilica Vaticana, temendo di vederla ad ogni istante investita, convennero di arrendersi. Il papa spaventato abbandonò il palazzo Laterano, e si rinchiuse nel Coliseo coi Frangipani, i quali sopra alle grandi volte di questo imponente monumento avevano formata una fortezza che tenevasi come inespugnabile.
      Mentre Federico spingeva caldamente l'assedio di Roma, cercava di alienare i cittadini da papa Alessandro, offrendo loro moderate condizioni; cioè che i due competitori rinunciassero alla dignità, incaricandosi egli di ottenere l'abdicazione di Pasquale, purchè anche i Romani riducessero a fare tale sacrificio lo stesso Alessandro; promettendo inoltre di lasciare poi alla Chiesa la piena libertà d'eleggere il nuovo pontefice.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo II
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1819 pagine 316

   





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