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      Si ristrinsero perciò a mandare alcuni deputati ai cittadini d'Asti, esortandoli a difendersi coraggiosamente e promettendo loro che, quando stringesse il pericolo, farebbero avanzare un'armata in loro soccorso. Ma gli abitanti d'Asti, spaventati dal numero e dalla ferocia delle truppe condotte da Federico, e soprattutto temendo i Fiamminghi che formavano il nerbo della sua armata, si arresero, recandogli le chiave della città senza combattere.
      Allora l'imperatore si mosse verso Alessandria, ove dovevano raggiungerlo le milizie pavesi e quelle del marchese di Monferrato. Intanto le piogge autunnali avevano a dismisura ingrossati i fiumi e ritardata la marcia dell'armata imperiale; lo che accrebbe il coraggio degli Alessandrini, che risguardarono quest'avvenimento come un soccorso del cielo.
      Ma a fronte delle piogge, delle nevi e dei rigori dell'imminente inverno, malgrado il terreno fangoso, Federico s'accampò avanti Alessandria. Conobbe a colpo d'occhio che la sola difesa della città dopo il Tanaro, era la fossa che la circondava; non essendosi ancora innalzate nè mura nè torri per sostenere i baluardi, che formati essendo di fango e legati colla paglia, gli fecero dare il nome, che gli è rimasto fino ai nostri giorni di Alessandria della paglia220. Lusingavasi per ciò di poterla prendere d'assalto, sicchè dopo aver distribuite le macchine da guerra lungo i baluardi, fece suonar la carica: ma gli Alessandrini si difesero così valorosamente, che rispinsero gli assalitori fino al di là delle loro baliste, che furono prese ed abbruciate, mentre i tedeschi fuggivano disordinati verso il campo.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo II
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1819 pagine 316

   





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