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      Federico non si lasciò ributtare da questa perdita, risoluto di continuare fino all'estremo l'assedio d'una città fabbricata in onta sua. Invano cercarono i suoi generali di sconsigliarlo da un'impresa in cui dovevasi più combattere contro gli elementi che contro gli uomini: il freddo crebbe ben tosto a dismisura, mancarono i viveri al campo, e la diserzione facevasi ogni giorno maggiore. (1175) Egli solo non si scoraggiava, e quattro mesi continui di rigoroso inverno, sempre contrariato dalle inondazioni, dalla fame, dalle malattie, non lo rimossero dall'assedio che andava stringendo sempre più con maggior ardore. Niuno dei mezzi praticati per vincere le città fu da lui trascurato, e l'ultimo fu la mina. Egli fece aprire una galleria che avanzavasi sotto la città: questo lavoro assai malagevole in una stagione piovosa e più in un terreno pantanoso, fu malgrado l'estrema sua lunghezza continuato con tanto segreto, che gli Alessandrini non se ne avvidero che all'istante in cui le truppe imperiali uscivano dalla galleria nella pubblica piazza. Ma prima di questo avvenimento, gli Alessandrini, dopo un assedio di quattro mesi, avevano chiesto soccorso alla lega lombarda.
      La dieta erasi adunata in Modena, ove fu appena informata dello stato d'Alessandria, che determinò di far levare l'assedio e di approvvisionarla. Ordinò pertanto di far marciare tutte le truppe delle repubbliche alleate, facendo tener dietro all'armata un convoglio di vittovaglie. Il contingente di tutte le città in cavalleria, in fanteria e danaro per far acquisto di viveri, fu tosto stabilito, ed i consoli di tutti i comuni ne giurarono l'esecuzione.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo II
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1819 pagine 316

   





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