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      «E sappiate che Dio non liberò mai da maggior pericolo niuno, come in questo giorno l'armata de' crociati; e sappiate che non vi fu alcuno tanto ardito che non ne risentisse estrema gioja.»
      La notte del giorno medesimo in cui Alessio aveva mostrata la sua potenza e la sua viltà, risolse di fuggire. Di che datane parte ad alcuni de' suoi più fedeli, e facendo portare sopra un vascello una ragguardevole somma in oro, le pietre preziose, le perle e gli ornamenti della corona, vi si recò egli stesso con sua figlia Irene, e nella prima vigilia della notte si fece trasportare a Debeltos453. E per tal modo questo principe perdette per viltà se stesso e la patria. La Grecia aveva avuto altri tiranni, a petto ai quali Alessio era un buon re. Niceta terminando la storia del suo regno gli accorda ancora qualche elogio, facendone il paralello coi suoi predecessori. «Grandi erano, egli dice, la sua dolcezza e la sua clemenza; egli non faceva cavar gli occhi, non mutilare le membra, nè compiacevasi della carnificina degli uomini, e durante il suo regno nessuna matrona vestì per sua colpa l'abito di lutto.»
      Tosto che seppesi in palazzo la fuga dell'imperatore, l'eunuco Costantino, prefetto del tesoro, riunì i Varangiani e gli ausiliari per impegnarli a salutare imperatore Isacco suo fratello che si trasse allora di prigione per rimetterlo sul trono454. Nella mattina vegnente Alessio ed i crociati ricevettero gli ambasciatori del nuovo imperatore, che invitava il giovane principe a tornare in Costantinopoli, manifestandogli la rivoluzione accaduta in favore di suo padre.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo II
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1819 pagine 316

   





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