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      Mentre così ragguardevole numero d'Italiani impugnavano il potere de' papi di sciogliere e di legare in terra ed in cielo, fa meraviglia che questi ardissero spingere all'estremo le loro pretese, arrischiando tutto lo stato loro sopra un diritto contestato.
      Pare che i papi essendosi accorti dei singolari talenti de' principi della casa Sveva, si proponessero di disertarli ad ogni costo, onde imperatori così valorosi ed intraprendenti, rinforzati dai rapidi e necessarj progressi delle opinioni già in voga, non rivendicassero i diritti di cui la Chiesa gli aveva spogliati, e ristabilissero in Roma la suprema loro autorità: autorità che non poteva ripristinarsi senza distruggere l'indipendenza dei papi.
      La santa sede entrando in così pericoloso conflitto, affidavasi principalmente alla nuova milizia di fresco creata, che non l'abbandonò ne' suoi bisogni; i due ordini de' Francescani e de' Domenicani. Il più importante servigio che le rendessero, fu quello di sottometterle completamente i vescovi ed il clero secolare, cambiando l'aristocrazia ecclesiastica in un perfetto despotismo. Così adoperando eseguivano il loro voto d'ubbidienza e s'uniformavano allo spirito de' loro fondatori. Avevano essi sull'antico clero il doppio vantaggio del fanatismo e del vigore della gioventù d'una recente istituzione; e con tale superiorità di forze lo attaccarono e gli tolsero l'affetto dei popoli. I vescovi erano in modo assoggettati, o talmente persuasi della loro debolezza, che i concilj, invece di giudicare i papi, come abbiamo veduto praticarsi nel decimo secolo, e lo vedremo ancora nel quindicesimo, erano diventati nel tredicesimo strumenti passivi nelle mani de' pontefici.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo III
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 326

   





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