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      Furono di questo numero lo stesso re, Buoso di Dovara che
      già cominciava ad essere potente in Cremona, e molti gentiluomini e cittadini modenesi.
      Il pretor bolognese, non volendo esporre a qualche impensato accidente un prigioniere di tanta importanza qual era Enzio, si pose quasi subito in cammino per condurlo a Bologna89. Allorchè giugneva presso al castello d'Anzola incontrò le milizie bolognesi, che, prevenute dell'accaduto, venivangli incontro per onorarne il trionfo colle trombette ed altri strumenti. Da questa borgata fino alla città tutta la strada era affollata di gente, curiosa di vedere tra i prigionieri il principe Enzio, e per essere figliuolo di così potente imperatore, e perchè re egli stesso. Oltre di ciò, la sua fresca età di venticinque anni, i biondi dorati capelli che gli scendevano fin sopra i fianchi, la gigantesca statura, la nobiltà del viso su cui vedevansi vivamente espressi il suo coraggio e la sua sventura, tutto facevanlo oggetto della universale ammirazione. Grande fu veramente la sua sventura, perciocchè il senato di Bologna fece una legge, poi sanzionata dal popolo, colla quale si vietava per sempre di concedere ad Enzio la libertà, per grandi che fossero le offerte o le minacce del magnanimo suo padre. In pari tempo la repubblica provvedeva nobilmente ai bisogni dell'illustre prigioniere per tutto il tempo del viver suo, e lo alloggiava in uno de' più magnifici appartamenti del palazzo del podestà. Per lo spazio di ventidue anni, che tanti ne sopravvisse alla sua disgrazia, i nobili bolognesi lo visitavano ogni giorno, onde temperare in qualche modo i suoi mali, ma si mantennero egualmente inaccessibili alle offerte od alle minacce di Federico90.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo III
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 326

   





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