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      Tanta ingratitudine del pontefice offese i Milanesi se non abbandonarono affatto il partito guelfo, cessarono almeno di esserne i più caldi partigiani: imperciocchè nominarono loro capitano generale il marchese Lancia di Monferrato, zio di Manfredi, reggente di Sicilia e zelante ghibellino; e gli affidarono dal 1253 al 1256 il governo degli affari della guerra e della giustizia, a condizione che mantenesse al soldo della repubblica mille cavalli forastieri. Il marchese Lancia non venne però a stare in Milano, ma vi mandò ogni anno in qualità di suo luogotenente un podestà da lui nominato.
      Sebbene avessero scelto per loro giudice e generale un Ghibellino, non sembra che a tale epoca i Milanesi avessero affatto abbandonata la parte guelfa; e la guerra che coll'ajuto del marchese Lancia fecero ai cittadini di Pavia, dovrebb'essere una contraria prova. Non può dirsi lo stesso degli abitanti di Piacenza, i quali avanti che morisse Federico, a motivo dell'odio che nudrivano contro i Parmigiani, staccaronsi del partito che questi avevano di fresco abbracciato, si collegarono con Cremona, col marchese Pelavicino e con tutti i Ghibellini, e ricominciarono la guerra che nel principio del secolo avevano intrapresa contro Parma. Ad eccezione di questa sola guerra, le parti e le alleanze, tutto aveva cambiato aspetto: pareva che ogni armata fosse passata nel campo nemico per rinnovare la pugna.
      Due passioni l'una dall'altra affatto indipendenti dividevano in due opposte fazioni gli abitanti di tutte le città d'Italia.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo III
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 326

   





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