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      Giunti al seguente secolo, troveremo questo corpo composto di minore numero di membra, ed invece d'essere costretti a valerci di qualche artificio per dare unità alla storia di cinque o sei potenti repubbliche, non potremo, anche volendolo, separarle interamente.
      Pare che due principali cagioni concorressero a mutare la forma del governo nelle città lombarde; l'interna discordia tra la nobiltà ed il popolo, che in queste città privava i cittadini d'ogni sicurezza e forse d'ogni libertà, ed il cambiamento della militare disciplina, che accrebbe a dismisura il potere de' capitani degli uomini d'armi. La prima di queste cause privava il popolo della volontà, l'altra della forza di difendere i suoi diritti.
      Niuna delle repubbliche italiane ebbe una costituzione che meriti d'essere proposta come modello. Le due più perfette sono l'aristocrazia di Venezia e la democrazia di Firenze, sebbene in ambedue la libertà di tutti non si trovasse legata colla sicurezza individuale. Della quale unione sembra che nè pure si prendessero pensiere gli autori delle bizzarre ed incoerenti costituzioni di Milano e delle altre città lombarde; e l'ordine sociale non aveva alcun solido fondamento.
      Le passioni più impetuose nel tredicesimo secolo di quel che lo siano nella età nostra, erano cagione di più frequenti delitti, e la moltiplicità degli stati indipendenti agevolava ai colpevoli la fuga: onde l'amministrazione della giustizia criminale occupava più di tutt'altro oggetto, e quasi esclusivamente, il governo.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo III
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 326

   





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