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      La preponderanza della cavalleria nelle battaglie, ed il vantaggio che ne traeva la nobiltà, fu nell'aperte pianure della Lombardia una delle immediate cagioni della caduta delle repubbliche. In mezzo alle colline della Toscana, ove la cavalleria pesante non può stendersi nè agire liberamente, i nobili non erano così avvantaggiati; lo erano poi meno nelle repubbliche marittime, la di cui forza consisteva nelle galere, e dove il popolo, che ne formava gli equipaggi, aveva il sentimento della sua indipendenza. Dopo averle lungo tempo lasciate da un canto, è ormai tempo di riprendere il filo della storia delle loro rivoluzioni.
      Mentre l'odio eccitato da una nobiltà arrogante precipitava i Lombardi sotto il giogo del dispotismo, in Venezia ove la nobiltà non era intimamente persuasa della propria forza, quella stessa nobiltà s'innoltrava per una via legale e regolare verso lo stabilimento di un governo aristocratico, che fondava sopra le ruine del potere monarchico dei dogi. Venezia avendo sempre volto il pensiere ai suoi ricchi stabilimenti dell'Oriente, ed alle guerre necessarie per la loro conservazione, non aveva presa parte alle rivoluzioni dell'Italia, nè conobbe le fazioni guelfe e ghibelline: onde non si ebbe occasione di parlare delle esteriori relazioni di questa potente repubblica; come le sue interne riforme operatesi lentamente e per gradi, non richiamarono a sè i nostri sguardi. Soltanto abbracciando un lungo spazio di tempo si riconosce lo spirito ond'era animata questa repubblica, e lo sviluppo di quel sistema che doveva farne la più severa e durevole aristocrazia dell'universo.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo III
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 326

   





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