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      Corrado Capece venne consegnato a Guglielmo dagli abitanti di Conturbia, ed appiccato dopo che gli furono cavati gli occhi. Luceria fu presa dallo stesso Carlo, poichè la fame ebbe fatti perire la maggior parte de' Saraceni che la difendevano328; e tutte le città e castella delle due Sicilie tornarono in potere de' Francesi.
      Il guanto, che Corradino aveva gettato in mezzo al popolo, si assicura che fu raccolto da Enrico Dapifero, e portato a D. Pietro d'Arragona, marito di Costanza, figliuola di Manfredi, come al solo legittimo erede della casa di Svevia. Forse Corradino volle in fatti, come lo pretesero i re austriaci ed arragonesi329, trasferire in tal modo alla loro famiglia i proprj diritti al trono delle Sicilie, e ratificarne in tal modo il titolo ereditario; ma pare più probabile ancora, che Corradino, gettando in mezzo a' suoi sudditi il pegno della sua vendetta, suggerisse loro di scuotere un odioso giogo e di lavarsi del sangue de' loro re, del sangue de' loro amici e concittadini, che veniva versato sulle loro teste. Questo pegno di guerra fu realmente rialzato dalla nazione, ed i vesperi siciliani furono la lenta, ma terribile vendetta del supplicio di Corradino, della strage d'Augusta, de' torrenti di sangue sparso dai Francesi nelle due Sicilie.
     
     
     
      CAPITOLO XXII.
     
      Smisurata ambizione di Carlo d'Angiò. - Eccita la discordia tra le repubbliche italiane per opprimerle. - Suoi progetti impediti dai vesperi siciliani.
     
      1268 = 1282.
     
     
      Carlo era finalmente giunto a quel grado di potenza cui agognava da tanto tempo; i due regni di Sicilia gli erano sottomessi; l'erede di quelle corone sagrificato alla sua politica, la famiglia di Svevia estinta, non rimanendo che una sola femmina maritata nell'estremità dell'Europa ad un principe poco ricco e poco potente, femmina che tirando ogni suo diritto da un bastardo non aveva alla successione che un titolo di poco superiore a quello del conquistatore.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo III
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 326

   





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