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      Si era perciò procacciate segrete corrispondenze in ogni angolo dell'Italia e della Grecia, tracciandosi una strada cogli inganni, che poi andava allargando colla crudeltà; tesori immensi, larghi fiumi di sangue fece spargere ai popoli che voleva governare; ma invece di ridurli in ischiavitù, gli scosse dal vergognoso letargo, e chiamò sopra di sè e sopra la sua famiglia la tarda ma giusta vendetta degli oppressi.
      Tra le circostanze, che principalmente favorirono l'ingrandimento della casa d'Angiò, vuole essere annoverata la caduta de' principali capi del partito ghibellino in Lombardia331, il marchese Pelavicino e Buoso di Dovara. Ambedue erano stati allievi di Federico II, ambedue compagni d'armi del feroce Ezelino, finchè, costretti da' suoi delitti, concorsero anch'essi coi Guelfi alla sua distruzione. Uberto Pelavicino era un eccellente capitano, ed era stato uno de' primi a formare un numeroso e potente corpo di cavalleria, che da lui solo dipendeva; aveva riunite sotto il suo dominio molte città, che, nominandolo loro generale, lo avevano, quasi senza accorgersene, fatto loro padrone332. L'ambizione di Pelavicino era meno avida e feroce di quella d'Ezelino; egli non aveva fondato il suo potere coi delitti, nè resolo compiuto, onde se ne vide spogliato dall'incostanza de' popoli, senza essere in istato, come Ezelino, di difendere con una lunga guerra gli stati da lui formati.
      Quasi tutte le città da lui dipendenti eransi di già sottratte alla sua autorità, quando Corradino attraversò la Lombardia; e solo gli rimanevano molti castelli assai forti, fra i quali, quello ragguardevolissimo di san Donnino, solita sua residenza, tra Parma e Piacenza, il quale si arrese in sul finire del 1268 ai Parmigiani che lo assediavano, e fu interamente distrutto, ed i suoi abitanti dispersi nelle vicine terre.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo III
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 326

   





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