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      La giustizia, la libertà, la bontà, tutte le virtù pubbliche erano chiamate colle arti al governo, e lo stato veniva amministrato dal confaloniere della giustizia, dai priori delle arti e della libertà e dal collegio de' buonomini.
      L'uno de' primi confalonieri di Fiorenza, e ad un tempo il più elegante scrittore italiano del tredicesimo secolo, ispirò un profondo terrore ai gentiluomini eseguendo la più importante funzione della sua carica. Alla testa delle compagnie del popolo spianò le case dei Galigai46 per aver uno di quella famiglia ucciso in Francia un cittadino fiorentino. Per altro i grandi si riebbero ben tosto dal concepito spavento, e trovarono il modo di porsi in sicuro dalla furia popolare, e sopra tutto di vendicarsi di Giano della Bella, che risguardavano quale disertore e traditore del suo ordine e del suo partito. Scoprirono che molti dei più riputati cittadini erano gelosi della sua influenza; che questi per isfogare il loro odio contro la nobiltà, erano di sentimento non poter eccepire lo stesso gentiluomo demagogo che aveva abbassati i suoi compagni; videro che il suo rango, di cui pareva averne fatto sacrificio, se gli accresceva riputazione presso la plebe, lo rendeva esoso in faccia ai capi della cittadinanza. Si avvicinarono a questi ultimi, e l'odio comune fu il cemento della loro unione.
      Giano della Bella godeva troppa riputazione presso il popolo perchè potess'essere vantaggiosamente attaccato a forz'aperta, onde la proposizione fatta da Berto Trescobaldi di ucciderlo in una sommossa venne disapprovata come pericolosa.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo IV
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 288

   





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