Pagina (42/288)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Si preferì piuttosto di approfittare dei difetti del suo spirito e delle qualità del suo carattere per alienargli i suoi partigiani. Giano era incapace di transigere tra il suo interesse e la severità de' suoi principj. Alcuni uomini, ch'egli credeva suoi amici, gli rappresentarono gli abusi introdottisi nell'ordine de' giudici e de' notaj, il modo con cui spaventavano il podestà ed i rettori, minacciandoli di un'estrema severità nel sindacato, di cui venivano incaricati quando i rettori uscivano d'ufficio, e le ingiuste grazie che con tal mezzo essi ottenevano da loro. Giano intraprese subito a reprimere colle leggi così perniciosi abusi, e con tale tentativo s'inimicò il potente e numeroso ordine de' giudici e de' notaj.
      Quanto quest'ordine aveva di credito innanzi ai tribunali, altrettanto ne acquistava la corporazione de' macellai in tutte le sommosse: erano questi gente accostumata al sangue, che niente intimidiva e che nelle sedizioni era pronta sempre a pigliar le armi. Si stimolò Giano a rivedere gli statuti de' macellai ed a reprimere le frodi che commettevano; per tal modo egli si creò de' nemici ardenti e pericolosi in mezzo a quella plebe medesima che gli era così ben affetta. Siccome si andava sollecitandolo con nuove denuncie a farsi nuovi nemici, lo storico Dino Compagni, che aveva scoperte le perfide mire di coloro che lo consigliavano, ne fece parte a Giano, pregandolo di rinunciare per alcun tempo ad una pericolosa severità. «Pera piuttosto, rispose, la repubblica, ed io con lei, anzi che soffrire l'iniquità per un miserabile privato interesse, anzi che distruggere la vera libertà con vile tolleranza»47.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo IV
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 288

   





Giano Dino Compagni Giano