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      Egli era d'una famiglia originaria ghibellina; ma per mantenere la sua promessa, si gettò nel partito guelfo con tanta violenza, che niun pontefice, senza eccettuarne lo stesso Martino IV, non aveva così impudentemente dimenticate le prerogative di comun padre dei fedeli, per prendere quelle d'un capo di faziosi.
      La condotta de' precedenti pontefici, siccome quella ancora della casa di Francia verso i re d'Arragona, era stata fallace e perfida. Quando del 1288 Edoardo d'Inghilterra erasi offerto mediatore per ristabilire la pace, e procurare al re Carlo la libertà, erasi sotto la sua guarenzia conchiuso il trattato alle seguenti condizioni. Il regno di Sicilia doveva essere ceduto a Giacomo d'Arragona, e rimanere a Carlo quello di Napoli, il quale obbligavasi a far rinunciare Carlo di Valois suo cugino a tutti i diritti che potevano essergli derivati sul regno d'Arragona dall'investitura di Martino IV: e per prezzo di questa rinuncia e diritti immaginarj, Carlo di Valois doveva ricevere dall'Arragonese venti mila libbre pesanti d'argento. Carlo II, che non era ancora incoronato e portava soltanto il titolo di principe di Salerno, doveva essere posto in libertà; ed in sua vece lasciava ostaggi tre figliuoli con sessanta de' principali gentiluomini della Provenza; e se nel termine di tre anni non soddisfaceva alle stabilite convenzioni, prometteva di ritornare egli stesso nella prigione, da cui veniva liberato71.
      Ma Carlo giunto a Rieti, ove trovavasi la corte pontificia, fu da Nicolò IV, allora regnante, incoronato re delle due Sicilie, e sciolto dalle obbligazioni assunte in virtù delle convenzioni fatte con Alfonso, e dai giuramenti72. Carlo di Valois, lungi dal ritenersi compreso nel trattato di pace, s'apparecchiò ad attaccare l'Arragonese; conchiuse un'alleanza con don Sancio re di Castiglia, che per lui dimenticò l'amicizia d'Alfonso d'Arragona, e si preparò a punire l'Arragonese della sua confidenza e della sua generosità.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo IV
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 288

   





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