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      Fu questa la prima volta in cui la nazione ed il clero di Francia si mossero per difendere le libertà della Chiesa gallicana. Avidi di servitù, chiamarono libertà il diritto di sacrificare perfino le coscienze ai capricci dei loro padroni, respingendo la protezione che loro offriva contro la tirannide un capo straniero ed indipendente. In nome di queste libertà della Chiesa, fu al papa ricusato il diritto d'informarsi intorno alle tasse arbitrarie che il re imponeva al suo clero, all'arbitraria prigionia del vescovo di Pamiers, all'arbitrario sequestro delle entrate ecclesiastiche di Rheims, di Chartres, di Laon, di Poitiers; rifiutossi al papa il diritto di dirigere la coscienza del re, di fargli delle rimostranze intorno all'amministrazione del suo regno e di punirlo colle censure ecclesiastiche quando violava i giuramenti121. Non è a dubitarsi che la corte pontificia non avesse manifestata una ambizione usurpatrice; ed i re avevano ragione di cautelarsi contro la sua prepotenza: ma i popoli dovevano anzi desiderare che i sovrani despotici riconoscessero al di sopra di loro un potere venuto dal cielo che li fermasse sulla strada del delitto; e se i papi, invece di farsi dipendenti di Filippo il bello, fossero sempre rimasti a lui superiori, la Francia sarebbesi almeno salvata dall'obbrobrio della condanna de' Templari.
      Mentre il clero scriveva al papa per riclamare le sue così dette libertà, i gentiluomini francesi procedevano ancora con maggior impeto verso il capo della Chiesa.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo IV
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 288

   





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