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      Finchè i mercanti delle repubbliche italiane non domandarono di partecipare alla sovranità, che proporzionatamente all'interesse che prendevano alla prosperità della loro patria, la loro domanda era giusta e consentanea ai diritti d'un popolo libero. Ma l'irritamento di una lunga lite, l'ambizione accresciuta dai prosperi avvenimenti e dai disordini degli avversarj, spinsero questi nuovi capi di popolo al di là d'ogni confine; talchè negli ultimi vent'anni del tredicesimo secolo, non contenti di dividere le prerogative della nobiltà, s'arrogarono esclusivamente il governo delle repubbliche, che incominciarono allora a risguardarsi come potenze mercantili. Niuno poteva appartenere in Firenze al consiglio dei priori, senza esercitare personalmente la mercatura o un mestiere133. Lo statuto, che istituisce i nove signori e difensori del comune di Siena, vuole che sieno mercanti e della classe mezzana134; e gli anziani di Pistoja dovevano essere mercanti o borghesi, esclusi a perpetuità gli antichi nobili e coloro che lo stato, in pena de' loro delitti, descriverebbe nel registro de' nobili135. Ne' due ultimi capitoli, rendendo conto de' motivi che provocarono tali leggi, abbiamo descritte le rivoluzioni che le precedettero. Nè le città toscane furono le sole che di que' tempi escludessero la nobiltà da ogni incumbenza governativa. I Modenesi avevano un registro intitolato libro dei nobili, nel quale trovavansi iscritti tutti i gentiluomini con alcuni borghesi associati coi nobili dai tribunali, siccome colpevoli de' medesimi disordini, e quindi egualmente esclusi dalle pubbliche cariche136; e la stessa legislazione si stabilì poco dopo in Bologna, Padova, Brescia, Pisa, Genova ed in tutte le città libere.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo IV
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 288

   





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