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      Quando era riconosciuto dalla chiesa, consacrato e coronato dal sommo pontefice, quand'egli soggiornava in Italia ed innalzava il suo tribunale in una terra dell'impero, più non si supponeva che vi fosse alcun potere sulla terra, tranne quello del papa, che potesse sollevarsi contro di lui, verun diritto, verun privilegio, di cui non ne fosse egli l'arbitro e che non potesse confermare o annullare. Tutte le libere istituzioni dei popoli del settentrione si dimenticarono, e l'imperatore sempre augusto venne risguardato come il legittimo rappresentante dei Cesari di Roma, antichi padroni del mondo, cui tutta la terra era, o doveva essere sottomessa. Enrico di Luxemburgo era un povero principe, il quale non aveva altra forza che quella del suo nobile carattere, generoso, cavalleresco; quindi non fu già in conseguenza d'una possanza reale, ma per la sola forza dell'opinione che questo principe riuscì a mutare lo stato dell'Italia; che a sua voglia abbassò o rialzò i tiranni ed i principi sovrani; che comandò alle repubbliche e distrusse le loro leggi ed i loro governi; che impose enormi contribuzioni, pagate senza resistenza; che finalmente unì sotto le sue insegne popoli, ai quali era stato fin allora straniero e che non pertanto credevansi tenuti di servirlo a proprie spese. Se tre o quattro repubbliche soltanto gli resistettero, ciò avvenne pel segreto sentimento d'aver mancato al loro dovere, poichè i loro storici e gli scrittori guelfi più zelanti della libertà avevano adottata l'opinione del loro secolo rispetto agl'illimitati diritti dell'imperatore.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo IV
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 288

   





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