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      Questo sentimento di diritto e di dovere diventa specialmente notabile quando viene applicato ad un sovrano elettivo, nominato da un popolo straniero, e che la nazione che credesi legata verso di lui è per altro una nazione libera ed avvezza alle costumanze ed alle idee repubblicane. Un'opinione pubblica tanto contraria alle naturali passioni degli uomini fu l'opera degli eruditi, e specialmente de' giurisperiti. Lo studio dell'antichità ch'erasi rinnovato col più vivo ardore nel tredicesimo secolo, non aveva prodotti, come dovevasi supporre, sentimenti più generosi, più elevazione d'animo, nè maggior amore per la libertà. La Grecia era quasi affatto sconosciuta ai dotti, e rispetto a Roma si conservavano più assai monumenti dell'impero, che della repubblica. Tutti i poeti latini sonosi infamati colle vili adulazioni prodigate agl'imperatori; gli storici, sebbene più fieri e più liberi, avevano per altro reso qualche omaggio ai Cesari sotto de' quali viveano; i filosofi si erano formati nelle scuole della disgrazia e della tirannide: dirò di più, che gli scrittori del secolo d'Augusto, ancora pieni delle memorie di una fresca libertà, non furono risguardati ne' tempi di cui trattiamo come gli scrittori più illustri della latina letteratura. I dotti del tredicesimo e del quattordicesimo secolo non si proponevano quasi meno d'imitare Boezio, Simmaco, Cassiodoro, che Cicerone, o Tito Livio255; e quell'antichità che oggi ci rappresentiamo sempre libera, parve ai nostri antenati sempre soggetta all'impero de' Cesari.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo IV
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 288

   





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