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      Speravano i generali fiorentini di fermare lungo tempo Enrico avanti a questo castello senza poter essere forzati di venire ad un fatto d'armi, ch'essi rifiutarono: ma l'imperatore, diretto dai Ghibellini del paese, girò intorno al castello per una strada che attraversa le montagne, e venne ad accamparsi tra l'Ancisa e Firenze, dopo aver rotte alcune truppe della repubblica che volevano opporsi al suo passaggio. L'armata fiorentina trovavasi per così dire tagliata fuori all'Ancisa; e se l'imperatore si fosse avvisato di strignerla, trovandosi questa quasi senza viveri, avrebbe corso un grandissimo pericolo. Ma egli credette più utile consiglio il marciare subito sopra Firenze. In fatti quando l'armata imperiale giunse il 19 settembre presso a questa città, abbruciando le case ed i villaggi di mano in mano che andava avanzando, la riempì di terrore e di costernazione; non potendo darsi a credere che fosse colà arrivata senza aver prima distrutta l'armata fiorentina posta all'Ancisa, di cui non sapevasene novella. Per altro al suono della campana del comune, tutte le compagnie della milizia si adunarono nella piazza de' Priori, essendosi armato anche il vescovo co' suoi preti, il quale, coi cavalli che soleva impiegare nelle cerimonie religiose, venne a prendere la guardia della porta sant'Ambrogio. Furono palificate le fosse, alzati i ridotti, e tutto disposto per combattere. Soltanto dopo due giorni, l'armata fiorentina, avanzandosi di notte per istrade sviate, potè rientrare in Firenze.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo IV
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 288

   





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