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      Alcuni gentiluomini eransi veduti esclusi dal maggiore consiglio nella riforma del 1297, di modo che si trovavano d'inferiore condizione a molti plebei che vi erano stati ammessi; altri, sebbene avevano luogo nel maggior consiglio, non erano perciò soddisfatti della rivoluzione; perciocchè invece d'accrescer l'autorità loro, l'aveva anzi diminuita, confondendoli nella folla de' consiglieri, dai quali prima d'allora li separava il favor popolare. Boemondo Tiepolo, fratello di quel Giacomo che il popolo aveva tentato d'opporre a Gradenigo, si pose alla testa dei congiurati, associandosi i principali capi delle case Querini e Badoero. L'ultima di queste famiglie, che prima portava il nome di Partecipazio, aveva ne' primi secoli della repubblica posseduta quasi per diritto ereditario la dignità ducale. I Dauri, Barbari, Barocci, Vendelini, Lombardi ed altri gentiluomini si associarono ai congiurati, e si resero forti colla massa de' plebei malcontenti e col nome della Chiesa e del partito guelfo, accusando il doge d'essere ghibellino, per avere provocate sulla repubblica le scomuniche del papa coll'impresa di Ferrara: per altro i vocaboli di Guelfo e di Ghibellino non erano fino a tale epoca in Venezia conosciuti. I congiurati progettarono di occupare per forza la piazza di san Marco ed il palazzo ducale, di uccidere il doge, di sciogliere il maggior consiglio e di rimpiazzarlo, secondo l'antica costumanza, con un'elezione annuale.
      Venezia non conosceva ancora quella sospettosa polizia, inventata ne' susseguenti tempi da quel governo.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo IV
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 288

   





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