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      In mezzo a tutta la sua dispotica autorità, non pensò mai nella sua lunga esistenza di cinque secoli di rinnovarsi da sè medesimo senza aver bisogno del suffragio de' suoi committenti305. La possibilità riservata al sovrano di far cessare un'autorità dispotica, non guarentisce, gli è vero, bastantemente la libertà; ma indica almeno essere questa la sola maniera pratica di contenere entro i limiti d'una dipendenza sociale un troppo vasto potere esecutivo. Invano si vorrebbe sottoporlo ad una rigorosa risponsabilità innanzi ai tribunali; invano s'innalzerebbe un'alta corte nazionale per giudicare gli abusi del potere, coloro che sono gli arbitri dell'armata e del tesoro, non si lasciano atterrire da vane parole, non risguardando essi un'accusa o una chiamata in giudizio a rendere conto della loro condotta, che quale avviso di preparare le armi per difendersi. D'uopo è, come praticavasi in Venezia, che il primo attacco li faccia immediatamente rientrare nella classe de' privati cittadini; che vengano spogliati del potere di nuocere, invece di pensare a punirli; che ne siano spogliati col semplice rifiuto dei suffragi, che non espone verun individuo alla loro vendetta e che non richiede l'uso di un grande coraggio civile; che ne siano spogliati senza che il corpo che li colpisce, subentri nell'esercizio delle loro prerogative e diritti: imperciocchè rendesi necessario di rimuovere perfino il sospetto che siasi preso consiglio dal proprio orgoglio ed ambizione per provvedere alla libertà nazionale.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo IV
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 288

   





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