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      Avevano bisogno di un'idea di perpetuità per assodare il loro dominio, e perchè loro non bastava il tempo passato, prendevano possesso de' vegnenti secoli con edifici destinati all'eternità.
      Il lusso di queste piccole corti, le spese che facevano i re d'una città, per la loro guardia, per l'armata, per gli edifici, pei regali che davano ai buffoni ed ai cortigiani, provano l'ammasso di grandi ricchezze. Vero è che la maggior parte de' signori erano stati ricchissimi proprietari avanti che diventassero padroni della loro patria; e che aggiugnevano l'entrate dell'antico patrimonio ai pubblici tributi stabiliti ne' tempi della libertà; imperciocchè sembra che non osassero di accrescerli, non essendo mai giunti ad ottenere il credito di cui godevano le città libere, sicchè potessero supplire col prestiti ai bisogni improvvisi dello stato. Un'imposta territoriale, descritta in ogni signoria sopra un catastro, formava parte di quest'entrata, un'altra più importante parte era pagata dagli abitanti delle città in forza di una gabella posta sulle derrate che vi si consumavano e per un diritto d'entrata ed uscita delle mercanzie provenienti dall'estero, o mandate all'estero; poichè il prodotto dell'industria del paese non era esente dalle tasse. Del rimanente non erasi ancora inventato verun sistema di protezione per il commercio e per le manifatture; onde in mezzo alle guerre ed alle rivoluzioni, il commercio e le manifatture prosperavano infinitamente meglio che non al presente in que' canali artificiali, in cui le moderne nazioni vollero forzarli ad entrare.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo IV
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 288