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      Se hanno potuto per molti secoli desiderare d'essere abbastanza piccoli perchè tutte le loro parti partecipino di quello spirito di vita, che, conservando all'uomo la sua individualità, sviluppa per mezzo dell'emulazione i talenti ed il genio, giugne il momento in cui devono pensare non a vivere felici e liberi, ma a conservare la propria esistenza, respingendo uno straniero usurpatore, onde conservare o ricuperare quel sentimento d'indipendenza, senza del quale non può esservi nè patria, nè onor nazionale, nè virtù pubbliche. Quando i varj popoli che appartengono alla medesima nazione, sono soggiogati dagli artificj o dalle armi della guerra o della politica; quando uno scettro di ferro pesa, o minaccia di pesare egualmente sopra stati, lungo tempo rivali, questi sono costretti di rinunciare alle antiche gelosie, ad ogni pensiere di quella bilancia de' poteri che più non esiste; ed invece di porsi in guardia contro gli abusi del governo devono tollerarli per non cadere sotto un giogo straniero. Allora è che ogni popolo per unirsi alla gran massa, per salvare la gloria nazionale, deve di buon grado sagrificare le sue leggi, le sue istituzioni, gli antichi oggetti del suo affetto e del suo rispetto, tutto, per dirlo in una parola, perfino la sua venerazione per le forme tutelari della sua libertà e pel sangue de' suoi principi. Ogni popolo deve sentire che la stessa lingua è quel simbolo per cui i popoli di diversi stati devono riconoscere la loro comune origine, quel segno distintivo delle nazioni per cui i membri della medesima famiglia si riuniscono.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo V
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 298