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      Faceva a questi rappresentare che senza pretendere di farsi giudice tra i due candidati all'impero, egli difenderebbe i diritti spettanti al vincitore. Ch'era pronto a riconoscere Federico come suo superiore, suzerain, quando venisse a prendere la corona a Monza: che allora gli aprirebbe le porte di Milano, e l'accompagnerebbe co' suoi cavalli per tutta l'Italia: ma che se egli stesso veniva spogliato dal papa e dal re Roberto, l'impero più non potrebbe riavere ciò che gli si farebbe perdere; che la nuova pretensione di Giovanni XXII di dare un vicario all'impero in tempo dell'interregno, non era meno lesiva dei diritti di Federico, che di quelli di Luigi; che quand'avrebbe stabilito un eguale diritto sopra l'Italia, il papa lo stenderebbe subito alla Germania, e con tale pretesto spoglierebbe in fine i due competitori per giugnere più direttamente a' segreti suoi fini di dare a Roberto la corona imperiale46.
      Federico, illuminato da queste considerazioni, scrisse a suo fratello che lo vedrebbe con piacere ritirarsi dall'Italia, quando potesse farlo senza vergogna. D'altra parte Enrico, arrivato a Brescia, chiese come luogotenente del re de' Romani che la città riconoscesse la sua autorità. Ma quello che comandava a Brescia per parte di Roberto, si rifiutò, dichiarando che il suo padrone era il solo vicario in tempo dell'interregno. Enrico offeso da tale rifiuto, e determinato di non voler combattere per il solo vantaggio di Roberto, si ritirò senza aver veduti i confini del territorio di Milano.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo V
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 298

   





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