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      «L'arroganza de' nobili è tanto grande, egli disse, che sdegnansi perfino che il popolo riclami i diritti guarentiti dalle leggi. Colui che alza gli occhi sopra di loro, e che ricordandosi d'essere Genovese osa invocare la libertà, viene strascinato in prigione o punito di morte come un ribelle. Chi dobbiamo però accusare di una così ingiuriosa oppressione? La nobiltà che l'impone, o noi che la soffriamo? La nobiltà prima di tutto nulla fece di nuovo, nulla che non sia conforme alla sua natura: ma noi con una vergognosa viltà, con una imperdonabile debolezza, noi non impieghiamo in nostra difesa le armi che d'ogni tempo sono state riservate al popolo. Non lo sappiamo noi forse, che agli oppressi non rimane che una risorsa, la sollevazione? E che in questa sola trovano la guarenzia dei loro diritti? Speriamo noi forse che un giudizio, o procedure giudiziali ne ridonino i nostri privilegi? Che potremmo noi sperare dai consigli composti di soli nobili, da tribunali creati da loro, da giuristi che sviano con tutti i sutterfugi della cavillazione? Il popolo ha egli un mezzo regolare d'ottenere giustizia quando la domanda contro i suoi magistrati? Può egli invocare in suo soccorso l'ordine sociale, quando questo istesso ordine sociale è corrotto? Non temete, cittadini, i giudizj dei tribunali venduti ai vostri nemici, l'obbrobrio di cui vorrebbero vedervi coperti, o i supplicj di cui vi minacciano; non temete i nomi di ribelli e di sediziosi di cui vi caricano; voi conoscete i vostri diritti, le leggi che devono proteggervi, e ch'essi violano senza pudore; voi le avete tutte scolpite nella vostra memoria; queste medesime leggi si sono fatte delle vostre braccia l'ultima guarenzia353.»


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo V
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 298

   





Genovese