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      I Romani rifiutavansi ugualmente di combattere contro il conte di Minorbino, o di difenderlo, non prendendo verun interesse alla sorte di questo straniero; perciò non pensavano nè a seguire il suo esempio, resistendo al tribuno, nè ad approfittare di quest'occasione per ribellarsi. Erano omai diventati affatto indifferenti per quel buono stato tanto pomposamente annunciato, poi trovato così poco stabile; erano stanchi delle rappresentazioni teatrali e delle arringhe del tribuno; determinati di aspettare tranquilli gli avvenimenti, e non di prepararli essi medesimi.
      Frattanto molto popolo erasi adunato in Campidoglio, ma disarmato; il tribuno lo arringò, ma inutilmente; parlò della propria amministrazione, del bene che aveva fatto, di quello che voleva fare; imputò all'altrui invidia d'aver posti ostacoli a' suoi benefici progetti, pianse, sospirò, e la sua eloquenza seppe ancora farsi strada al cuore, di modo che i sospiri e le lagrime del popolo risposero alle sue; ma non perciò si vide tra i suoi uditori alcun movimento coraggioso, niuno gli annunziò una vittoria facile ad ottenersi. «Dopo aver governato sette mesi, disse alla fine, io deporrò adunque la mia autorità;» e niuna voce fu udita per fargli una dolce violenza per pregarlo di tenere ancora le redini del governo. Allora Cola da Rienzo fece suonare le trombe d'argento, e coperto di tutte le insegne della sua dignità, accompagnato da tutti coloro che trovavansi dipendenti dalla sua fortuna, e dai suoi soldati, scese dal Campidoglio, attraversò in pompa Roma quasi in tutta la sua lunghezza ed andò a chiudersi in Castel sant'Angelo.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo V
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 298

   





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