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      E per tal modo all'infinito numero degli ammalati non rimase altro sussidio che l'eroismo di un piccolo numero di amici, o l'avarizia de' servi, che per un grossissimo stipendio disprezzavano il pericolo. Questi ultimi erano per la maggior parte contadini affatto rozzi, e poco avvezzi a servire ammalati, onde tutti i loro servigi riducevansi d'ordinario ad eseguire alcuni ordini che loro davano gli appestati, ed a portare alle famiglie la notizia della loro morte. Da tale abbandono e dal terrore che colpiva gli spiriti, nacque un'usanza affatto contraria agli antichi costumi; che una donna giovane, bella e modesta, non rifiutava di farsi servire nella sua malattia da un uomo, comunque giovane, e di spogliarsi in sua presenza qualunque volta lo richiedeva la cura della malattia, come se si fosse trovata con una donna.
      Un'antica costumanza di Firenze richiedeva che i parenti ed i vicini d'un morto si adunassero nella di lui casa per piagnerlo insieme alle più strette parenti, mentre i vicini e gli amici si riunivano coi preti innanzi alla casa. In appresso il morto era portato alla chiesa, indicata da lui medesimo prima di morire, da uomini della sua condizione; il feretro veniva preceduto dai preti che cantavano portando accesi cerei, e chiudevano la pompa funebre i cittadini che si erano adunati innanzi alla porta. Ma queste costumanze cessarono mentre la peste infieriva, e furono sostituite contrarie pratiche. Non solo gli ammalati morivano senz'essere circondati da molte donne, anzi più non avevano neppure una sola persona che li servisse negli estremi istanti della vita.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





Firenze