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      Dal 1339 in avanti, Luchino Visconti signoreggiò Milano e quasi tutta la Lombardia. Grandi talenti militari, una perfida politica, una impenetrabile dissimulazione, una feroce gelosia della propria autorità, una diffidenza, cui sagrificò i suoi più stretti parenti, sembrano i principali tratti del suo carattere. Si lodò molto il suo amore per la giustizia, o piuttosto la vigilanza con cui mantenne la polizia ne' suoi stati, e la severità con cui castigò i malfattori: ma sotto lo stesso nome non dovrebbe confondersi l'amore d'un uomo probo e giusto per le regole immutabili della giustizia, e l'inflessibilità d'un despota geloso della propria autorità, che conserva o vendica l'ordine da lui stabilito. Luchino amava la lode, onde cercava l'amicizia del Petrarca, che gli uomini potenti ottenevano senza difficoltà lusingando l'amor proprio del poeta. In fatti Petrarca diresse una pomposa lettera a Luchino per celebrare la sua virtù e la sua gloria59; ma poco dopo aver ricevuta questa scrittura, morì il 28 gennajo del 1349, avvelenato dalla consorte Isabella del Fiesco, prevenuta opportunamente che suo marito in un trasporto di gelosia la condannava alla morte.
      Giovanni Visconti arcivescovo di Milano, succeduto al fratello Luchino, si trovò signore di sedici delle più potenti città di Lombardia60. Giovanni fu quello che prese a trattare con il Pepoli l'acquisto di Bologna, promettendo ai due fratelli duecento mila fiorini, loro inoltre lasciando la proprietà dei tre castelli di san Giovanni, Nonantola e Crevalcuore61. A questo prezzo i Pepoli che riconoscevano la loro grandezza dalla confidenza de' Guelfi loro concittadini, vendettero la comune patria ad uno straniero tiranno, ad un Ghibellino, i di cui antenati erano sempre stati nemici dei loro.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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