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      I governi, macchiati dalla ingiustizia e dal tradimento, hanno spesso fatto abuso dei nomi della virtù e dell'onore, e posto in bocca alla più sfrenata ambizione i discorsi della moderazione e della giustizia: ben possono essi, fin dove stendesi la loro autorità, non lasciar sentire che la propria voce; ma non possono ingannare la posterità, come non illudono coloro cui addirizzano i loro proclami. Le scritture cui affidano le loro menzogne, non saranno conservate come documenti storici che possano far conoscere i fatti o le intenzioni di coloro che le pubblicarono, ma come infallibili testimonianze della bassezza e falsità loro. Gli ambasciatori fiorentini, cui il Visconti d'Oleggio negò passaporti per recarsi a Milano, alla corte dell'arcivescovo, tornarono a Firenze ad informare la signoria della risposta ipocrita ed altera loro data, la quale comunicata al popolo, e registrata nelle cronache, eccitò lo sdegno universale, e somministrò nuove forze alla repubblica.
      I Fiorentini mandarono in Prato ed in Pistoja tutte le truppe assoldate che avevano, confidando la difesa delle altre fortezze agli abitanti loro, e le milizie fiorentine si riservarono la custodia delle mura della capitale. La signoria, sorpresa nel cuor della pace, non aveva al suo soldo verun capitano di guerra, od armata in istato di tenere la campagna, mentre il Visconti d'Oleggio aveva sotto i suoi ordini, nel piano di Pisa, cinque mila corazzieri a cavallo, due mila cavallegeri, e sei mila fanti. Con queste formidabili forze il generale milanese portò il suo quartiere generale negli aperti villaggi di Campi, Brozzi e Peretola, e spinse i saccheggi fino alle porte di Firenze86.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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