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      Questo giudizio per altro non ridonò immediatamente la pace al regno di Napoli, perchè la corte d'Avignone trovava di suo utile il prolungamento dell'anarchia. Clemente VI non aveva voluto dare a Luigi di Taranto, sposo di Giovanna, altro titolo che quello di re di Gerusalemme, e non aveva voluto ratificare il trattato tra lui ed il re d'Ungheria. Vero è che gli Ungari si erano ritirati dal regno, ma Luigi di Taranto doveva far guerra ai suoi propri baroni, e non trovava in verun luogo chi volesse ubbidirgli. Egli non aveva danaro per mantenere un'armata, e nemmeno per supplire ai proprj più immediati bisogni. Erasi avanzato fino a Sulmona con intenzione di sottomettere i ribelli della Puglia; e colà vedevasi abbandonato da' suoi soldati, e deriso dalla nobiltà, mentre le principali città del regno rifiutavano d'aprirgli le porte. In tale quasi disperata situazione, ebbe notizia in dicembre del 1351, che il papa lo aveva riconosciuto in pieno concistoro per re di Napoli e di Sicilia. La coscienza del pontefice erasi risvegliata repentinamente, quando una grave malattia l'aveva condotto al limitare del sepolcro, e da quell'istante manifestava la più viva impazienza di rendere la pace all'Italia102.
      In un secondo concistoro tenuto nel susseguente mese, cui assistettero il vescovo di Cinque chiese e Corrado di Guilford quali plenipotenziarj del re d'Ungheria, Clemente VI ratificò la tregua che esisteva tra i due monarchi, e la commutò in perpetua pace. Riconobbe Luigi di Taranto e Giovanna di Provenza come re e regina di Napoli; e nella sua qualità di abituale signore accordò che il regno venisse a certe epoche assoggettato al pagamento di trecento mila fiorini, promessi al re Ungaro per ispese di guerra.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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