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      L'ammiraglio veneziano s'adombrò per tale movimento, e si tenne inattivo finchè chiaramente conoscesse le intenzioni dell'avversario. Ma ossia che Grimaldi173 non avesse il coraggio di venire ad un secondo attacco, o sia che i suoi soldati, trovandosi lontani dal pericolo, ricusassero nuovi rischj, sia finalmente che non gli rimanesse verun altra speranza che quella di salvare diecinove vascelli, approfittò dell'imminente notte per far forza di vele verso Genova; e le trenta galere ch'egli aveva lasciate legate assieme, vedendosi abbandonate ed attaccate da una forza doppiamente maggiore, s'arresero senza ulteriore resistenza. Tre mila cinquecento prigionieri, il fiore dei nobili e dei popolani genovesi, vennero in potere del vincitore con trenta galere: due mila genovesi erano periti combattendo, o annegati sui tre vascelli affondati174.
      I Catalani sbarcati in Sardegna dopo questa vittoria, ne raccolsero pochi frutti. Il giudice d'Arborea, ribellatosi contro di loro e rottili ad Oristagni, fece poi costar loro assai cara una vittoria che terminò di snervarli, ed all'ultimo li costrinse ad abbandonare tutte le loro fortezze, e l'isola stessa175. I Veneziani tornarono alla loro patria coperti di gloria e di ricchezze176, mentre Grimaldi entrando nel porto di Genova vi portò lo spavento e la costernazione. Invano gli ambasciatori fiorentini esortavano la signoria a riprendere coraggio, offrendole tutte le risorse della repubblica per difesa del popolo genovese; questo popolo, che poc'anzi pareva signoreggiare i mari dell'Italia, della Spagna177, della Grecia e della Scizia, e che risguardavasi come il più fiero popolo del mondo, si lasciò talmente invilire da questa grande sventura, e dalle civili discordie prodotte da vicendevoli rimproveri, che credette di non trovare altronde salute che nella servitù. Cercò quale fosse in Italia il più possente protettore, cui potesse ricorrere; qual fosse il principe più capace di vendicarlo di un nemico vittorioso, e si rivolse all'arcivescovo Visconti, che, di già padrone della Lombardia, dell'Emilia e di parte del Piemonte, non sembrava lontano dal soggiogare ancora la Toscana.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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