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      Nell'epoca in cui lo studio della greca letteratura fu trasportato in Italia, e quando esemplari, che s'accostano alla perfezione, furono offerti all'imitazione degli oratori, de' poeti, de' filosofi e degli artisti, la rassomiglianza era ancora più compiuta di quel che lo sia nell'età presente. Una quasi assoluta parità nel governo, ne' costumi, nelle abitudini, pareva indicare preventivamente uno de' popoli per camminare sulle tracce dell'altro. Per altro le lettere greche e le arti languirono ancora qualche tempo, poichè furono introdotte in Italia. L'imitazione de' migliori esemplari parve piuttosto intiepidire il genio che animarlo. Non avvi impulso per coloro, che non aspirano che a fare copie; la pedanteria dell'erudizione, lo studio delle lingue morte, che invano si sforzava di farle rivivere, ed il servile insegnamento delle scuole, diedero per lungo tempo una falsa direzione allo spirito nazionale.
      La fine del 14.° secolo, ed il principio del 15.° non produssero che scrittori latini. Molti di loro giunsero, non v'ha dubbio, ad un alto grado d'eleganza, ma tutti avevano volontariamente rinunciato ad un sommo vantaggio, all'incoraggiamento che i soli loro compatriotti potevano dare. Quando l'intera nazione è dotata d'immaginazione e di sensibilità, prende alla sua propria letteratura un interessamento che non può prendere ad un idioma straniero; ella gli comunica il suo carattere, e concorre a perfezionarla colla sua critica, forse più che gli autori colle loro fatiche.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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