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      I difetti, che vengono anche al presente attribuiti alla letteratura italiana, possono tutti spiegarsi per questo primo torto, d'avere abbandonato l'idioma nazionale nel secolo che più eminentemente doveva unire il gusto al genio. Questo secolo, che venne dopo Dante e Petrarca, fu perduto per le lettere; la pedanteria lo spogliò d'ogni vigore, e tutti i suoi monumenti rimasero sepolti in una lingua straniera. Soltanto più di cent'anni dopo la morte del Petrarca si pubblicarono finalmente in lingua italiana due poemi, risguardati anche adesso come classici221; ma l'uno e l'altro sono semibuffi; perciocchè credevasi che la lingua, in cui furono dettati, fosse indegna di serio e grave argomento. Quando ancora più tardi questa lingua fu di nuovo adoperata da poeti di sommo ingegno, la nazione che doveva incoraggiarli, aveva perduta la sua fierezza, il suo valore, e soprattutto que' profondi sentimenti, che fanno, siccome coll'immaginazione, armonizzare la poesia anche coll'anima; che fanno concepire un ardito sagrifizio di sè stesso, che comunicano l'entusiasmo, e che conservano una tinta malinconica ai più animati quadri.
      Le arti non furono inceppate ne' loro progressi, come lo furono le lettere, dallo spirito d'imitazione. Non si trovarono antiche pitture, e queste ancora in iscarso numero, che quando la moderna pittura era omai giunta alla più alta sua elevazione. I progressi dell'arte furono lenti, ma regolari, i pittori andarono scoprendo gradatamente e colle proprie loro forze le regole pittoriche ed i mezzi dell'esecuzione.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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