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      Dopo avere assicurata con questo trattato la sussistenza della grande compagnia per tutto l'inverno, il cavaliere di Moriale ne affidò il comando ad un tedesco, chiamato dagl'Italiani il conte Lando. Egli con poco seguito si recò a Perugia e poscia a Roma sotto colore di regolare i suoi domestici affari, ma in fatto per formare corrispondenze nel mezzogiorno d'Italia, ove pensava di ricondurre in primavera la formidabile sua truppa. I Perugini, spaventati ancora della sua potenza, lo accolsero rispettosamente, e gli diedero nelle loro terre il diritto di cittadinanza: Moriale passò in seguito a Roma. Egli credeva di avere diritto alla protezione del governo di questa città, perchè i suoi due fratelli, che aveva lasciati a Perugia, avevano di fresco dato a Cola da Rienzo il danaro che questo celebre uomo aveva impiegato nella leva di alcuni soldati, coi quali era rientrato trionfante in Roma.
      Ma il tribuno, trovandosi ristabilito in Campidoglio, si risguardò di nuovo quale rappresentante dell'antica repubblica romana, quale protettore dell'universo, quale vendicatore dei delitti commessi in qualunque parte d'Italia. Fece dunque imprigionare il cavaliere di Moriale e lo fece257 tradurre innanzi al suo tribunale; lo accusò d'avere attaccate, senz'esserne provocato, le città della Marca e della Romagna, di avere portato il ferro ed il fuoco nelle campagne di Firenze, di Siena e d'Arezzo, di avere comandata una truppa di assassini, colpevoli di ladronecci e di omicidj: e perchè il Moriale non opponeva a fatti così notorj, che il preteso diritto della guerra, il tribuno dichiarò che il titolo di generale punto non iscemava i delitti che punivansi nelle persone degli altri malfattori; condannò Moriale alla pena di morte, e gli fece tagliare il capo in Roma il 29 agosto del 1354 nella piazza delle esecuzioni258.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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