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      Cola da Rienzo, che in dicembre del 1347 era fuggito dal Campidoglio, ed un mese dopo da castel sant'Angelo travestito, Cola da Rienzo, ch'era stato condannato come eretico e come ribelle, che aveva languito ora nelle prigioni dell'imperatore a Praga, ora in quelle del papa in Avignone, per uno strano cambiamento di fortuna, trovavasi di nuovo rivestito d'una sovrana autorità nella città medesima da cui era stato scacciato.
      Il primo asilo di Cola, dopo la sua fuga da Roma, era stata la corte del re Lodovico d'Ungheria. Ma quando questo principe abbandonò improvvisamente l'Italia, il tribuno, trovatosi senza difesa, era passato in Germania per implorare la protezione di Carlo IV259, sperando di poter comunicare al re de' Romani il proprio entusiasmo per Roma, e di rendere questo monarca degno dei titoli ch'egli portava. Nello stesso senso il Petrarca aveva più volte scritto allo stesso Carlo per ricordargli i doveri degl'imperatori260. Ma il discendente della casa di Lussemburgo, che non aveva ereditata la generosità, la lealtà, o altra delle virtù cavalleresche di Enrico VII, o di Giovanni di Boemia, diede vergognosamente Cola in mano del papa nel 1352, ed il tribuno giunse in Avignone in mezzo a due arceri261. La morte di Clemente VI, il rispetto che ispiravano l'eloquenza ed i suoi distinti talenti, e senza dubbio le raccomandazioni del Petrarca, che scriveva al popolo romano per interessarlo a favore del suo magistrato, salvarono Cola dal supplicio di cui era minacciato262. Alcun tempo dopo, Innocenzo VI, avendo risolto di liberare tutte le città de' suoi stati dai tiranni che le governavano, e di ridurle sotto l'immediata autorità della chiesa, mandò Rienzo al cardinale Egidio Albornoz, incaricato di tale missione, affinchè questo prelato si giovasse dei suoi talenti, della sua eloquenza, e dell'opinione che ancora aveva in Roma263.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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