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      Mentre ciò accadeva, il prefetto, che aveva dovuto avvedersi dell'odio che gli portavano grandissimo i cittadini di Viterbo e di Orvieto, volle dare ai più arditi opportunità di manifestare i loro sentimenti, onde potere castigarli. Dopo avere nascostamente accresciuto il numero de' suoi sgherri, li distribuì in tutti i luoghi afforzati delle due città, con ordine di tenersi pronti ad agire. In appresso fece da alcuni suoi fidati gridare alle armi, viva il popolo! Tutti coloro che sopportavano impazientemente la tirannide s'affollarono a tali voci nelle strade. Giovanni di Vico a Viterbo, e suo figlio in Orvieto, che non aspettavano che questo segno, uscirono dai loro nascondigli coi soldati, e piombando a dosso ai sediziosi, ne fecero una generale carnificina276.
      Con tale esecuzione, credeva il prefetto di avere rassicurata la sua sovranità, ed invece accrebbe i pericoli della sua situazione, perchè il popolo sdegnato rifiutava omai di difenderlo contro il legato. In marzo del 1354 questi occupò Toscanella, ed in maggio assediò contemporaneamente Viterbo ed Orvieto con mille trecento cavalli e dieci mila fanti. I Romani andavano ingrossando il campo d'Albornoz, ed altri rinforzi gli giugnevano da altre bande. Giovanni di Vico non osò esporsi al risentimento del popolo, che poteva adesso manifestarsi senza pericolo. S'arrese a discrezione al legato, cedendogli tutte le città che occupava, e che furono rimesse nella pristina libertà sotto la protezione della chiesa. Per altro Albornoz, in considerazione della pronta sommissione del prefetto, gli lasciò il governo di Corneto, Cività Vecchia e Respampano277. In giugno rivolse poi le sue armi contro Giovanni de' Gabrielli, tiranno di Agobbio, e lo costrinse egualmente a rimettere in libertà la sua patria278.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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