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      Entravano essi di pieno diritto nel consiglio del popolo incaricato di fare un nuovo scrutinio. In tale consiglio bastavano poche voci contrarie per impedire ad un nuovo cittadino d'entrare nella signoria, e per lo contrario richiedevasi una grande maggiorità per fare sortire dalle borse i nomi de' già ammessi cittadini. I capi dell'oligarchia, dopo avere fra di loro convenuto intorno alla prossima elezione, allontanavano dal consiglio del popolo, coll'unanime loro opposizione, tutti coloro che non volevano che fossero eletti. In tal modo avevano essi ridotta la sovrana autorità tra le mani di meno di novanta cittadini320. Ma questa medesima usurpazione gli avea renduti singolarmente odiosi ed alla nobiltà che le leggi escludevano dall'amministrazione, ed al popolo che vedevasi con frode spogliato dei diritti attribuitigli dalla costituzione.
      L'odio de' loro concittadini ridusse i nove signori di Siena ad una condotta costantemente debole e perfida. Mentre le tre repubbliche guelfe della Toscana avrebbero dovuto difendere di comune accordo la loro libertà, i nove tradirono sempre la causa dei loro alleati, prima nelle loro relazioni coi Visconti, poi colla grande compagnia, e per ultimo coll'imperatore. Avevano assoggettata a quest'ultimo la loro patria per guadagnarsi la sua protezione; ma Carlo voleva amici che gli somministrassero forza e non cercassero di rendersi forti col di lui mezzo. Nell'istante in cui entrò in Siena, vi fu accolto colle grida di viva l'imperatore, muoja l'ordine dei nove!


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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